Oratorio Mea
Oratorio Mea
L’oratorio fa parte dell’Unita Pastorale di San Bartolomeo, Ca’ Cappellino e Mea. Fin dalla prima metà del Novecento vi prestava servizio domenicale un cappellano di Contarina (solitamente d. Felice Renier, 1930-51), a partire dal 1951 fu servita da clero stabile: prima da sacerdoti bergamaschi, arrivati in polesine dopo la grande alluvione, in particolare dal Beato don Sandro Dordi parroco dal 1958 al 1964 poi da sacerdoti diocesani.
Qui esisteva già dal 1729 un oratorio, con patrocinio della famiglia chioggiotta Pagan, intitolata a “San Giuseppe e ai Ss. Felice e Fortunato”. L’oratorio – dopo l’istituzione della curazia autonoma avvenuta il 29 novembre 1958 – continuò e continua a essere usato con il nuovo titolo “Santa Maria Regina della Pace”. Fino al 1951 era possibile vedere a pavimento, al centro della chiesetta, una pietra sepolcrale con lo stemma dei Pagan: colomba su ramo d’ulivo. Conserva al suo interno tre statue lignee settecentesche, notevoli per dimensione e arte: la statua di San Giuseppe (alla parete sinistra) e, alla parete di fondo sopra l’altare – a destra e a sinistra della Madonna della Pace – le statue dei Ss. Martiri Felice e Fortunato (verosimilmente le più belle tra quelli esistenti in diocesi).
Vi hanno prestato servizio pastorale, come curati residenti nella curazia, i bergamaschi il Servo di Dio d. Pietro Balzi (1951-55), d. Pierino Bottazzoli (1956-58) e il Beato d. Sandro Dordi (1958-63), poi il sacerdote diocesano d. Giovanni Marini (1963-65); quindi con abbinamento a Ca’ Cappellino i parroci di “Santa Maria Nascente”: d. Armando Rizzioli, d. Amedeo Cesaretto, d Marino Callegari e d. Oscar Voltolina. Il titolo di curazia è stato soppresso nel 1985.

Don Pietro Balzi (1926-2009) – nacque a Bergamo il 21 dicembre 1926, studiò nel Seminario ‘Paradiso’ della diocesi bergamasca, fu ordinato sacerdote il 3 giugno 1950. Venne in Veneto come missionario nel luglio 1951, destinato a Mea di Contarina poco prima della grande alluvione. Rimase responsabile di Mea dal 1951 al 1955 per poi passare a Ca’ Cappellino, quindi al Volto di Rosolina e da ultimo a Taglio di Donada fino all’anno 1964. Successivamente partì come missionario in Bolivia dove operò per oltre un ventennio a La Paz. Nel 1987 diede inizio alla sua azione pastorale in Brasile nelle ‘favela’ del territorio di Teresina in mezzo ai lebbrosi e ai minori abbandonati donando la sua fede unile e profonda. Con l’aiuto della provvidenza realizzò chiese, asili, scuole elementari, centri di accoglienza, laboratori per giovani, una casa per tossicodipendenti ecc. Fu chiamato alla casa del Padre il 5 ottobre 2009, compianto da tutti. Il 20 febbraio 2020 a Teresina (Brasile) l’arcivescovo Jacinto Brito ha dichiarato l’inizio ufficiale della causa di beatificazione e canonizzazione del Servo di Dio don Pietro Balzi.

Il Beato Don Sandro Dordi (1931-1991) è stato un sacerdote diocesano di Bergamo, appartenente alla Comunità Missionaria del Paradiso. Immediatamente dopo l’ordinazione sacerdotale, venne inviato nel Polesine nel 1951 (La gente del luogo ricorda ancora quel giovane sacerdote in bicicletta, con la veste talare, pronto a correre dovunque ci fosse bisogno, si trattasse di costruire condutture o di sostenere chi credeva di aver perso tutto. Fu parroco a Taglio di Donada, dove restò fino al 1958. Il suo successivo incarico fu quello di parroco a Mea di Contarina, dal 1958 al 1964. Contemporaneamente, fino al 1965, fu direttore della scuola professionale San Giuseppe Operaio (fondata da don Locatelli) a Donada.
Venne poi inviato in Svizzera come cappellano degli emigranti italiani e, dal 1980, in Perù. S’impegnò a fondo nella pastorale familiare e nella promozione umana, che riteneva fosse l’antidoto ai movimenti guerriglieri che imperversavano nel Paese. Cadde vittima di un attentato da parte di alcuni militanti di Sendero Luminoso, un movimento armato maoista, il 25 agosto 1991. Aveva sessant’anni ed era sacerdote da trentasette. La sua causa di beatificazione si è svolta nella diocesi di Chimbote dal 9 agosto 1996 al 25 agosto 2002, unita a quella dei padri Francescani conventuali Michał Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, uccisi sedici giorni prima di lui. Il decreto che sancisce ufficialmente il loro martirio in odio alla fede cattolica è stato promulgato il 3 febbraio 2015, mentre la beatificazione si è svolta il 5 dicembre 2015 a Chimbote. I resti mortali di don Alessandro riposano nel cimitero adiacente alla chiesa parrocchiale di Santa Maria Nascente a Gromo San Marino, il suo paese d’origine.
Orari Messe
Domenica: ore 9,00
Ca' Cappellino
Ca' Cappellino
Chiesa “Santa Maria Nascente”
Ca’ Cappellino appartiene al territorio di Porto Viro: territorio che si è venuto dilatando nel 1500, in seguito alle alluvioni del Po delle Fornaci. Era quest’ultimo il ramo settentrionale del Delta che, sfociando vicino all’Adige, faceva presagire l’interramento della laguna di Venezia per la veemenza e l’abbondanza nel trasporto dei detriti. Dopo la deviazione del Po Grande (1604) e l’intestatura del ramo delle Fornaci (1648), si rallentò la possibilità di colmare le vaste zone umide del territorio. Perciò dalla fine del Seicento si tennero interventi idraulici nel comprensorio tra il Po Grande e il Canalbianco per rendere possibile l’assestamento dei terreni coltivabili. Nel 1894-1904 Il Consorzio di Bonifica Polesana scavò il Collettore Padano per facilitare il deflusso e il prosciugamento dei terreni del comparto, sia nella zona padana (nord) sia in quella polesana (sud). Ma il bradisismo, determinatosi nell’intero comprensorio tra il 1935 e il 1960, causa l’estrazione del metano, mise il Collettore a rischio permanente di tracimazioni. Si rimediò a questo, creando l’impianto idraulico di Cavanella Po, atto a scaricare direttamente nel Canalbianco le piene dello stesso Collettore.
Nella zona prossima alla sponda sinistra del Po Grande – tra Contarina e Villaregia – i patrizi Cappello avevano fatto erigere sul loro fondo, intorno al 1707, un oratorio intitolato a Sant’Andrea, per facilitare l’adempimento del precetto festivo ai braccianti residenti. Tale oratorio, benché bersagliato a più riprese dalle alluvioni, rimase parzialmente visibile fino agli inizi del Duemila. La comunità di Ca’ Cappellino faceva parte della parrocchia di Contarina, ricevendo il servizio liturgico domenicale dai sacerdoti della parrocchia. Ma già in seguito all’alluvione del 1951 l’oratorio era quasi impraticabile.
Il vescovo Piasentini intuì la necessità di una nuova chiesa per quella comunità: l’arch. Silvio Malatesta tracciò il disegno dell’edificio e il vescovo pose la prima pietra l’8 settembre 1954, decidendo d’intitolarla alla Natività di Maria. Su un appezzamento di terreno, donato dal commendator Ettore Fregnan, sorse l’intero complesso parrocchiale: chiesa, canonica, asilo e Centro Sociale. Il 23 e 24 aprile 1956 avvenne la consacrazione dell’altare e della chiesa, come recita una lapide murata in controfacciata: Il 24 aprile 1956, il vescovo di Chioggia Giovanni Battista Piasentini consacrò questa chiesa a Dio Ottimo e Massimo in onore della Vergine “Santa Maria Nascente”
Il 25 aprile 1956 il vescovo istituì la curazia con la presenza di un sacerdote stabile; e il 2 luglio 1959 la curazia fu elevata a rango di parrocchia. I fondi per la costruzione furono offerti dalla Banca Cattolica del Veneto.
Come si può costatare, la chiesa a doppio spiovente presenta una facciata sopraelevata da una modesta gradinata. È segnata da tre porte: due di accesso immediato all’aula sacra, la terza – a sinistra – d’ingresso al battistero. L’interno, a unica navata rettangolare con pareti in muratura a mattoni pieni e mattoni faccia-vista, evidenzia il presbiterio – rialzato da un paio di gradini – sul quale è piazzato l’altare, addossato a un pannello in marmo e vetro a mosaico dorato. Sopra l’altare domina il grande dipinto rettangolare della Natività di Maria. Completa l’edificio il campaniletto dotato di tre campane, chiuso alla sommità della cella da soletta orizzontale in cemento armato.
Opera notevole è appunto la grande tela dipinta a olio, raffigurante la Natività di Maria (m. 5,50 x 3 h): scena movimentata, ispirata al gusto rinascimentale; in basso a sinistra, il nome del pittore e la datazione ‘P. Cassiano Cella Gemmy 1976’. La statua lignea dell’Immacolata, su ripiano alla parete destra, si rifà all’ambito trentino e risale al 1956. Tra il presbiterio e la sacrestia, un’acquasantiera ottocentesca a ciotola. Parte della suppellettile liturgica è arrivata nella chiesa nuova dall’oratorio settecentesco di S. Andrea.
Vi hanno prestato servizio pastorale il sacerdote Servo di Dio don Pietro Balzi bergamasco (curato 1956-1959) per il quale è in corso la causa di beatificazione, quindi i parroci del clero diocesano d. Riccardo Boscolo (1959-61), d. Erminio Marzola (1961-65), d. Armando Rizzioli (1965-79), d. Amedeo Cesaretto (1979-87), d. Marino Callegari (1987-89) e d. Oscar Voltolina (1990-2018). Nel 1998 il paese è stato arricchito di una struttura notevole sul piano agroalimentare: di fatto, nell’ex ambiente della scuola elementare è stato costruito il Museo delle Api e del Miele, dove sono esposti i frutti delle fragranze dei campi a ridosso dell’argine del Po.
San Bartolomeo
Parrocchia San Bartolomeo
Piazza Giacomo Matteotti, 48, 45014 Porto Viro RO
La chiesa sorge non lontana dalla sponda dove il Po, dopo aver visitato tante terre, acquista un corso più ampio e trova finalmente la sua pace maestosa. Con il suo campanile cuspidato affianca la Villa Carrer e sorveglia le acque del Po di Venezia.
Sulla metà del Seicento dovette esserci già un oratorio lì, vicino all’argine del Po: nella risposta del vescovo Francesco Grassi ai nobili Contarini, che avevano chiesto di attrezzare un oratorio per il culto desiderando una cura d’anime stabile, viene rimarcato pure un loro previo impegno ad ampliare l’oratorio “per una maggiore capienza di popolo”. Di fatto la zona venne elevata a rango di parrocchia e scorporata da Loreo il 7 settembre 1665, riservando alla famiglia Contarini il diritto di scegliere e di proporre al vescovo il sacerdote per la nomina a parroco; tale diritto passò poi ai Miglioli, quindi ai Carrer, per estinguersi nel 1901.
Fino al primo quarto del Settecento la chiesa, rivolta a mezzogiorno, era bastevole: lo ricordano le Relazioni delle visite pastorali; aveva oltre all’altar maggiore al titolo di San Bartolomeo, l’altare della Madonna del Rosario, quello di S. Antonio di Padova con statua lignea del santo, l’altare dell’Annunciazione e quello del Corpo di Cristo, tutti marmorei. Ma alla fine del Seicento la popolazione aveva superato notevolmente il migliaio di persone, come si legge nella Relazione della visita ad limina, inviata alla Congregazione del Concilio il 10 ottobre 1699 dal vescovo Antonio Grassi.
La chiesa attuale è quella riedificata nel 1726 (m 14,60 x 36,50 x 20 h.), dopo che una tremenda furia alluvionale aveva infierito massicciamente sul precedente edificio; la disposizione assiale è rimasta rivolta verso il fiume; fu il vescovo Soffietti in persona a porne la prima pietra. Il 23 novembre 1729 fu benedetta, quindi allestita progressivamente.
Nel 1782 fu edificato il campanile, nel 1787 venne istallato l’organo Callido, nello stesso anno giunsero da una chiesa smessa di Venezia i cinque altari barocchi che furono arredati di immagini intorno al 1812. Nel 1829 comparvero gli affreschi sulla volta del soffitto; e finalmente, il 18 settembre 1845, dopo un nuovo restauro, il vescovo De Foretti procedette alla consacrazione. Ridipinta più volte nel Novecento, conobbe interventi nel 1986, nel periodo 1996-99 il restauro della facciata, degli altari e del campanile, un ripasso completo del tetto nel 2012. Nell’anno 2019 è stato infine realizzato un notevole intervento edilizio di restauro conservativo con il contributo dell’8xmille alla Chiesa Cattolica.
Facciata in stile neoclassico con ampio portale e due ordini di lesene: nel secondo ordine, grande finestra a lunetta cieca; alla sommità, timpano triangolare, contrassegnato da rosone con croce raggiata in traforo. Guarda il sagrato semicircolare antistante, e la lunga Piazza Matteotti che si protende fin quasi all’argine del Po.
Interno arioso e armonico, ad unica navata con soffitto a botte, segnato da sottili vele. È munito di coro absidato da schienali lavorati nelle pareti laterali – con relativi inginocchiatoi innervati da colonnine tortili; più semplice invece il rivestimento ligneo della curva absidale.
Cinque altari danno decoro alla navata. I Quattro laterali sono tutti simili: mensa con paliotto a motivi geometrici, alzata a due colonne con capitello composito, frontone arcato e dentellato, ornato di figure angeliche sulla cimasa. Partendo da sinistra, il primo – dedicato a S. Francesco – contiene una pala marmorea seicentesca, finemente lavorata a rilievo con l’Estasi di San Francesco di Michele Fabris detto Ongaro donata alla chiesa da Francesco Fabris nel 1815, come ricorda un’iscrizione lapidea al lato destro dell’altare. Poco oltre si erge l’altare del Cristo con un grande crocifisso settecentesco. L’altare maggiore si eleva su tre gradini: paliotto lavorato con tarsie policrome a motivi floreali; tabernacolo architettonico con basamento e due ripiani ornati di colonnine, chiuso a tempietto; lateralmente, su due basamenti, le statue in marmo di Carrara dei Ss. Giovanni Battista e Giuseppe, scolpite nel 1710 da Francesco Cabianca e arrivate a Contarina nel 1813 (costo lire venete 460) dalla chiesa benedettina dei Ss. Cosma e Damiano di Venezia. Quindi l’altare della Madonna del Rosario con trono e statua lignea ottocentesca della Vergine (vestita di ampio mantello). Da ultimo l’altare di S. Antonio di Padova con statua pure ottocentesca in legno scolpito e dipinto.
Altre sono le opere significative dell’ornato: il fonte battesimale marmoreo (sec. XVIII); la statua lignea del Patrono (sec. XVII) in nicchia sopra il portale d’oriente; inoltre i tre grandi comparti ad affresco del soffitto: Nascita e Martirio di S. Bartolomeo a figure monocrome, Gloria di S. Bartolomeo in policromia (1829).
La sacrestia conserva alcuni reliquiari multipli, una croce ottocentesca con gli strumenti della passione; conservava un Ecce Homo processionale di avanzato Settecento.
Organo Callido
L’organo è stato costruito e istallato nel 1787 dal celebre organaro Gaetano Callido: nella tavola callidiana porta il n. 236. Presenta un unico manuale, tastiera ‘scavezza’, 22 registri e 831 canne con qualche voce timbrica rara. Troneggia nella sua cassa armonica ad armadio crestato, sopra la tribuna sospesa in controfacciata, pronto a inondare l’aula di giocondità. Soprattutto dopo il restauro del 1998-99, rimane una perla dell’artigianato organario.
Sotto la tribuna dell’organo, a sinistra, in una celletta è collocato il battistero: marmorea la parte inferiore, lignea quella superiore. Il fonte, in pietra d’Istria scolpita, poggia sopra un dado, su cui si ergono il fusto sagomato e la vasca a sezione circolare. Risale al 1726, epoca della seconda chiesa. È sigillato da coprifonte in legno scuro, costruito a forma di tempietto ottagonale, coronato da crestina balaustrata che cinge tutt’attorno la base della cupoletta di copertura. Quest’ultima era cimata da una piccola statua del Battista che è stata trafugata. Il coprifonte è ottocentesco; con la sua forma ottagonale esalta la simbologia della rinascita. Il numero 8 infatti risulta dalla somma di 7 + 1, e indica il nuovo inizio (n.1) dopo la compiutezza (n.7): quindi il battistero va interpretato come luogo di rigenerazione e rinascita, luogo dove inizia la nuova vita in Cristo.
A est del coro si erge il campanile: costruzione nata nel 1782 dalle offerte della popolazione, come ricorda l’iscrizione latina su lapide, incassata dalla base dello stesso. Si eleva con slancio per m. 33,50. A mezza torre, occhieggia verso sud il quadrante dell’orologio ottocentesco, che continua a funzionare a pendolo. Riparata più volte la torre ebbe l’ultimo restauro nel 1963-64. La cella campanaria a bifore, delimitata inferiormente e superiormente da semplice cornice modanata, è superata da dado su cui poggia un’elegante forma dal profilo piramidale. Ospita nell’alloggiamento 3 campane, una delle quali (fessuratasi) è stata sostituita nel 2008 dalla fonderia De Poli. Il concerto risulta dunque dall’insieme della maggiore, restituita dopo l’ultima guerra. Nel 1949; della piccola del 1820; e della media – stesso peso di quella del 1854 – rifusa. Quest’ultima sembra sintetizzare – nell’iscrizione latina del labbro – la funzione pratica del suono delle tre sorelle: Risuono alle sponde del Po, convoco il popolo, piango i defunti, solennizzo le feste. Anno del Signore 2008. Infatti il loro suono si espande verso la campagna superando l’ex zuccherificio ‘Eridania’, e verso l’interno del paese, accarezzando le Case di Riposo, il Monastero delle Clarisse adoratrici, la Casa di Cura ‘Madonna della Salute’, convocando un paese dalla realtà variegata, che ritrova in parte la sua unità attorno ai segni santi della fede.
Orari Messe
lunedì – venerdì: ore 18,00
Sabato: ore 18,00 (prefestiva)
Domenica: ore 8.30 –10,30 – 18,00