Santissima Trinità

Santissima Trinità

30 maggio 2021

Segnati dalla Trinità

La Trinità non è un’idea da spiegare, ma un fatto da raccontare. La riconosciamo guardando Gesù, che si manifesta come Figlio del Padre, affinché anche noi diventiamo figli, santificati nello Spirito Santo. La storia di Dio Trinità con noi, inizia con il Battesimo nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, e prosegue con il segno di croce di ogni giorno e di ogni Messa. Siamo ‘segnati’ dalla Trinità, come figli e fratelli. La Chiesa è raccolta nell’unità del Padre, Figlio, Spirito Santo e viene mandata nel mondo come segno dell’Amore di Dio: una Chiesa che comincia nella nostra persona, nella famiglia, nei rapporti fraterni.

La sagrestia…

Tra i tanti lavori eseguiti nella nostra Chiesa era rimasto indietro il risanamento della sagrestia. In questi giorni verrà posato il nuovo pavimento. Tendiamo la mano per chiedere un aiuto, magari in memoria dei propri morti.

Avendo ricevuto l’Ordinazione sacerdotale nel 1971, lo stesso anno del Vescovo, anch’io, sabato 26 giugno, ricorderò con la celebrazione delle ore 18 il mio 50°. Invito tutti a ringraziare con me il Signore per il grande dono ricevuto cinquant’anni fa e rinnovato ogni giorno, fino ad oggi.
don Alfonso

Fioretto del mese
di maggio

Conclusione del
mese di maggio

Lunedì 31 invitiamo tutti, in particolare
i ragazzi del catechismo con i loro genitori,

ore 20,45 Chiesa San Bartolomeo

Adorazione Eucaristica
vocazionale Vicariale

Giovedì 3 giugno,
alle ore 20.30

presso il monastero delle Sorelle Clarisse di Porto Viro la preghiera vicariale di Adorazione Eucaristica vocazionale.
In questa settimana diventa pure una bella possibilità di preparazione alla solennità del Corpus Domini.

Un  solo Dio, tre Persone

Oggi ricordiamo il mistero che distingue il cristianesimo da tutte le altre religioni. Il popolo ebraico adorava un solo Dio, i popoli pagani adoravano più divinità, il cristianesimo invece si è fatto portatore nel mondo della fede in «un» Dio in «tre» persone: Dio Padre, Dio Figlio e Dio Spirito Santo. Celebrare la festa della Trinità significa prendere atto dell’atteggiamento che essa ha sempre avuto nei confronti dell’uomo. E’ un invito a riflettere sulla storia della salvezza, la storia di un Dio che ama l’uomo e che nonostante le sue ripetute e continue infedeltà non lo abbandona. La storia della salvezza è scandita da questo ritornello: Dio fa la sua proposta, l’uomo la accetta, ma poi si mostra infedele; Dio però non lo abbandona, continua a essergli vicino sempre pronto e disposto a riprendere il dialogo con lui. Questo non è solo il ritmo che ha caratterizzato la vicenda storica del popolo di Israele, è anche il ritmo che scandisce la nostra storia personale. La nostra vita è profondamente legata a questo Dio trinitario. Nessuna persona è radicata in noi come le tre persone divine. Tutta l’esistenza, dalla culla alla tomba, si svolge in dialogo con loro. All’inizio della vita fummo battezzati «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo», al tramonto di essa partiremo da questo mondo «nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo». Ogni volta che ci segniamo con il «segno della croce», dichiariamo la nostra appartenenza alla Trinità. Celebrare questa festa, quindi, significa celebrare l’amore di Dio per l’uomo, far festa a un Dio che ha intrecciato profondamente la sua vita con l’uomo per prepararlo alla comunione eterna con lui. La Trinità, infatti, è fonte di speranza per il futuro. Il Dio trinitario che ha intessuto una storia d’amore con l’uomo, che ha mandato nel mondo il suo unico Figlio e che continua a essere presente nel mondo con il suo Spirito, ci attende accanto a sé. La Trinità è «l’oceano di pace verso cui sta scorrendo il piccolo ruscello della nostra vita» (Sant’Agostino). L’uomo è fatto per l’incontro con Dio, si tratta di una speranza che non può andare delusa perché fondata sulla parola e sull’amore di Dio (cfr. Rm 5,5).

d.G.

50° Anniversario  dell’Ordinazione  Sacerdotale
del nostro Vescovo Adriano

Domenica 6 giugno, alle ore 18,
in Cattedrale a Chioggia.

In vicariato vengono sospese tutte le celebrazioni vespertine. Ci sarà un’unica Santa Messa serale, nel nostro vicariato, alle 18.00, a San Bartolomeo di Contarina.
La celebrazione del 50° del nostro Vescovo sarà trasmessa in diretta alle 18.00 da Telechiara (canale 14 della tv digitale).
In questa circostanza la Diocesi desidera esprimere a Mons. Adriano Tessarollo la propria riconoscenza e il proprio affetto. Conoscendo la sua sensibilità, si è pensato  di costituire un Fondo a suo nome, collegato alla Fondazione “Servizio della Carità”, indirizzato ad aiutare famiglie in difficoltà.
Si può partecipare tramite erogazione liberale sul conto corrente della Fondazione SERVIZIO DELLA CARITÀ, Rione Duomo 1006, 30015 CHIOGGIA (VE)

(IBAN IT 88 X 08728 20901 000000028442),

specificando nella causale “Fondo Mons. Tessarollo”.


Solennità di Pentecoste

Solennità di Pentecoste

23 maggio 2021

Il vento nuovo dello Spirito

La festa di Pentecoste conclude il tempo pasquale.
L’opera della salvezza è portata a compimento attraverso la passione, morte, risurrezione e ascensione al cielo del Signore Gesù.
La discesa dello Spirito Santo sugli apostoli e Maria segna l’inizio della missione della Chiesa nel mondo.

FONDO “MONS.  ADRIANO TESSAROLLO"

In occasione del 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale e del suo 75° compleanno desideriamo esprimere a Mons. Adriano Tessarollo la nostra riconoscenza e il nostro affetto anche con un regalo; ma soprattutto abbiamo pensato di costituire un Fondo a suo nome, collegato alla Fondazione “Servizio della Carità”, indirizzato ad aiutare famiglie in difficoltà. L’iniziativa conta sull’apporto di quanti, siano essi semplici cittadini, enti privati o pubblici, organizzazioni o comitati, ne condividono le finalità e intendono sostenerne economicamente il progetto. Questo potrà avvenire tramite erogazione liberale sul conto corrente della Fondazione SERVIZIO DELLA CARITÀ, Rione Duomo 1006, 30015 CHIOGGIA (VE)
IBAN IT 88 X 08728 20901 000000028442
specificando nella causale “Fondo Mons. Tessarollo”.

Furono pieni di Spirito Santo

La venuta dello Spirito Santo a Pentecoste segna l’inizio del tempo della chiesa. Per l’umanità inizia una storia nuova, rovesciata rispetto alla storia di Babele. A Babele gli uomini non si intendono più, a Pentecoste invece uomini di lingue diverse si incontrano e si intendono. Il compito che lo Spirito affida alla chiesa è di imprimere alla storia umana un movimento di riunificazione attorno a Dio e alla sua Parola. Lo Spirito è la «luce» data al credente per orientare la vita a tutta la verità, per illuminarlo nelle scelte importanti e condurlo a incontrare Cristo. Lo Spirito Santo («Spirito della verità») fa conoscere Dio all’uomo e l’uomo a sé stesso. E’ colui che rende il credente capace di ascoltare il Vangelo, accogliendone anche gli insegnamenti più esigenti e impegnativi. Lo Spirito aiuta ad applicare il vangelo alla storia e al mondo di oggi, aiuta a trovare in esso risposte alle tante domande dell’uomo e del mondo. Spesso rischiamo di guardare alla Bibbia come a un giornale che vale solo per un giorno, oppure la accostiamo come un libro adatto ai tempi e alle persone di duemila anni fa ma che oggi non ha più alcun valore. In realtà la Bibbia ha un valore eterno, contiene verità eterne, contiene le verità che sono via al cielo e che aiutano, giorno dopo giorno, a vivere in pienezza la vita. Grazie allo Spirito, comprendiamo che le parole pronunciate da Gesù duemila anni fa oggi sono rivolte a noi, alla nostra vita, al nostro mondo, perciò possiamo affrontare con fiducia il futuro, certi che il Signore è sempre in azione pronto a dare valore e significato alla nostra vita.
A tutti è capitato qualche volta di osservare questa scena: un’auto è in panne; dentro, l’autista che guida, e dietro una o più persone che spingono faticosamente, cercando di imprimere all’auto la velocità necessaria per partire, ma niente. Ci si ferma, si prende fiato e ci si rimette a spingere. Poi, improvvisamente, il motore si mette in moto, l’auto va, e quelli che spingevano si rialzano sollevati e trionfanti. E’ un’immagine di quanto a volte avviene nella vita cristiana. Si va avanti a forza di spinte, con fatica, senza grandi risultati. E pensare che abbiamo a disposizione un motore potentissimo: lo Spirito Santo, potenza dall’alto, che aspetta solo di essere messo in moto. La festa di Pentecoste ci aiuti a scoprire questo motore e come si fa a metterlo in azione.

d.G.

I FRUTTI DELLO SPIRITO

Il giardino del Risorto

Da molti anni svolgo il servizio di ministro straordinario della Santa Comunione. Le mie mani portano e donano il corpo di Gesù alle persone anziane e ammalate. In questo periodo di pandemia il servizio è limitato nel dispensare il corpo di Gesù solo in chiesa con tutte le accortezze che il protocollo anti-covid richiede. La settimana dopo la Santa Pasqua una signora malata oncologica mi ha contattato perché, essendo appena tornata a casa dopo un lungo ricovero per un lungo e delicato intervento chirurgico, mi chiedeva di ricevere il Signore e se potevo essere disponibile. Valutando con i suoi figli il periodo difficile del covid, le difese immunitarie molto basse della mamma, ma anche il suo grande desiderio di ricevere il corpo del Signore, siamo arrivati alla decisione di svolgere il breve rito nel giardino della loro casa. Nell’incontrarci, abbiamo parlato raccontandoci la nostra vita e come in ogni cosa avvertiamo la presenza del Signore. Terminata la breve chiacchierata è iniziato il rito in profondo silenzio, consapevoli che Gesù era seduto con noi in quel giardino. Quasi sempre, al momento della lettura del vangelo, scelgo il passo dei discepoli di Emmaus. Mi ha sempre colpito moltissimo e, ogni volta leggendo, chiedo al Signore di aprire i miei occhi perché possa riconoscerlo nello spezzare il pane come i discepoli di Emmaus. Alla fine del rito la signora con occhi limpidi e voce forte mi ha detto: “Potrò mai ricambiare questo grande dono che mi hai fatto?” Senza pensarci su, le ho risposto: “Quando il Signore vede che non riusciamo a raggiungere la sua casa, è lui che entra nelle nostre”. Lei commossa mi ha risposto: “Questo mio giardino oggi è diventato il giardino del Risorto”.

G.V.

Fioretto del mese di maggio recita del Rosario

  • In Chiesa ogni sera
    alle 17,30
  • Al Capitello di Sant’Antunin da Po
    ogni sera alle 20,30
  • Dal lunedì al venerdì
    alle ore 20,45 in Chiesa


Solennità dell’Ascensione del Signore

Solennità dell’Ascensione del Signore

16 maggio 2020

Il compimento di una vita nuova

Con l’ascensione, Gesù porta a compimento la missione realizzata con l’offerta della vita e la glorificazione nella risurrezione. Egli ritorna al Padre con il suo corpo e la sua storia, che è anche la nostra storia umana. La vicenda e tutta l’opera di Gesù prosegue nella vita della Chiesa, nella nostra vita di cristiani, suoi testimoni. Fin da subito, dopo i Vangeli che raccontano la vita di Gesù, si vivono e si raccontano gli ‘’Atti degli Apostoli’. Il popolo di Dio cammina nella storia vive nel mondo, testimoniando una carità viva e una speranza nuova. Lo sperimentiamo personalmente, e lo vediamo vivere in tante persone e in tante comunità.

Fioretto del
mese di maggio
recita del Rosario

  • In Chiesa ogni sera
    alle 17,30

  • Al Capitello di Sant’Antunin da Po
    ogni sera alle 20,30

  • Dal lunedì al venerdì
    alle ore 20,45 in Chiesa

Maratona di preghiera
lanciata da Papa Francesco

Trenta Santuari sparsi in tutto il mondo
guidano la preghiera mariana, trasmessa
in diretta alle ore 18 ogni giorno,
per invocare la fine della pandemia.

Per connettersi:

www.vaticannews.it

I discepoli partirono

Luca racconta l’ascensione due volte, alla fine del vangelo (24,50-53) e all’inizio del libro degli Atti (1,6-11). L’ascensione è descritta come una partenza, questo però non significa che ora Gesù è assente. Significa solo che sono cambiate le modalità della sua presenza e i modi di incontrarlo: Gesù è presente nella parola degli apostoli, nella comunità radunata, nel servizio ai fratelli. I discepoli che lo hanno visto salire in cielo sanno che Gesù tornerà, con questa certezza devono reinserirsi fra la gente e divenire «sale della terra e luce del mondo» (cfr. Mt 5,13-16).
Il vangelo presenta la finale di Marco. Il mandato missionario che Gesù affida agli apostoli ha un orizzonte universale: in tutto il mondo e a ogni creatura. Il contenuto della predicazione è il vangelo, cioè la buona notizia di Gesù, Cristo e Figlio di Dio, venuto tra noi e ora asceso al cielo e tornato alla gloria del Padre. L’annuncio del vangelo metterà ogni persona di fronte alla decisione di aprirsi o meno alla fede in Gesù, ma chi crederà e sarà battezzato sarà salvato. I discepoli devono essere consapevoli che non tutti saranno disposti ad ascoltare e aprirsi alla fede. Si afferma l’importanza della decisione personale che mette ogni persona davanti a una scelta che determina la salvezza o la condanna. Gesù promette che sarà con i discepoli ogni volta che agiranno nel suo nome. La serie di segni elencati (scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove …) dice la forza della fede nel nome di Gesù e riassume tutta quella serie di prodigi che hanno accompagnato la vita della prima comunità cristiana caratterizzata dall’amore fraterno e dalla fede nella forza del vangelo.
Il compito affidato agli apostoli: partirono e predicarono dappertutto, riguarda tutti i battezzati e nello stesso tempo è anche un invito a non scoraggiarsi difronte alle difficoltà della missione, a imitare la determinazione degli apostoli, perché il Signore assiste la sua Chiesa e agisce in essa. Il cristiano è chiamato a lavorare con fiducia e a tenere fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento (Eb 12,2).
d.G.

 Il miracolo della preghiera

“Delle volte chiediamo una grazia ma lo chiediamo così senza voglia, senza combattere: così non si chiedono le cose serie”.
Papa Francesco, in un passaggio a braccio durante l’Udienza Generale di mercoledì 12 maggio, ha raccontato di un miracolo al quale ha assistito quando era arcivescovo di Buenos Aires: la guarigione inspiegabile di una bimba di 9 anni grazie alle preghiere “combattive” del padre.
Al padre i medici avevano detto che la piccola, in ospedale, non avrebbe passato la notte. “‘È una infezione e non possiamo farci nulla’. Quell’uomo forse non andava tutte le domeniche a messa ma aveva una fede grande. Uscì piangendo, lasciò la moglie lì con la bambina nell’ospedale, prese il treno e fece i 70 chilometri di distanza verso la Basilica della Madonna di Lujan, la patrona dell’Argentina, e lì era chiusa già la basilica, erano quasi le 10 di sera… e lui – ha continuato il Pontefice – si aggrappò alle grate della Basilica e tutta la notte pregando la Madonna, combattendo per la salute della figlia: questa non è una fantasia, l’ho visto io, l’ho vissuto io: combattendo, quell’uomo lì. Alla fine, alle 6 del mattino, si aprì la chiesa, entrò a salutare la Madonna e tornò a casa. Tutta la notte in combattimento”.
“Quando arrivò” in ospedale cercò la moglie e non trovandola pensò: “No, la Madonna non può farmi questo… poi – è ancora il racconto di Francesco – la trova sorridente, ‘non so cosa è successo, i medici dicono che è cambiata così e che adesso è guarita’. Quell’uomo lottando con la preghiera ha avuto la grazia della Madonna, la Madonna l’ha ascoltata. E questo l’ho visto io: la preghiera fa dei miracoli”.
“La preghiera fa dei miracoli, perché la preghiera va proprio al centro della tenerezza di Dio, che ci vuole come Padre, e quando non ci fa la grazia, ce ne farà un’altra che poi vedremo con la storia”, ha aggiunto il Pontefice. “La preghiera è un combattimento e il Signore è sempre con noi: se in un momento di cecità non riusciamo a scorgere la sua presenza, ci riusciremo in futuro”, ha concluso.

Dal Monastero delle Clarisse

 

Nell’attesa dello Spirito anche noi vegliamo con Maria…

celebrando insieme l’Ufficio delle Letture

★ nella solennità dell’Ascensione del Signore sabato 15 maggio alle ore 20,30

★ nella Veglia di Pentecoste sabato 22 maggio alle ore 20,30


VI° Domenica di Pasqua

Come lo sappiamo e lo sperimentiamo?
In Gesù ‘che ha dato la vita per noi suoi amici’.
In Lui scopriamo che l’amore tra Padre, Figlio, Spirito Santo si comunica agli uomini nella creazione e poi nella incarnazione. L’opera della fede è riconoscere Dio che è amore e si esprime nell’amore verso il prossimo: verso il coniuge, come amore intero e fedele; verso parenti e vicini e colleghi. L’amore affettuoso e tenace delle mamme. L’amore che fa vivere una comunità cristiana e l’intera chiesa. Un amore che si apre ad accogliere chi è diverso da noi, come fa Pietro con il pagano Cornelio… Sperimentando che Dio ci ha amati per primo.

Fioretto del mese di Maggio

Recita del Rosario

In Chiesa
ogni sera
alle 17,30

 

Al Capitello di
Sant’Antunin da Po
ogni sera
alle 20,30

 

In Chiesa
dal lunedì
al venerdì
alle 20,45

Maratona di preghiera

lanciata da Papa Francesco

Trenta Santuari sparsi in tutto il mondo guidano la preghiera mariana,
trasmessa in diretta alle ore 18 ogni giorno, per invocare la fine della pandemia.

Per connettersi:
www.vaticannews.it

Amatevi come io ho amato voi

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. La caratteristica del vero discepolo di Gesù è quella di lasciarsi amare dal Signore e costruire relazioni fraterne dentro la comunità. L’amore non consiste semplicemente nel dare cose a chi ha bisogno, ma nel fargli sentire l’amore del Signore che vive e opera negli annunciatori del vangelo. La missione si realizza nella testimonianza di una comunità che vive insieme al Signore e in fraternità, e non solo nel predicare un ideale o nell’offrire aiuto. Il modello di amore proposto ai discepoli è l’atto supremo di amore mediante il quale Gesù ha dato la propria vita: Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.

Dio è amore, amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi sono la sintesi del messaggio di Gesù. Queste affermazioni del vangelo a forza d’essere sentite e ripetute, forse hanno perso parte della loro forza e hanno subito una certa usura. La parola di Dio di questa domenica invita a riscoprirne il profondo significato. Gesù è venuto tra noi per rivelarci che Dio è amore, che Dio ci ama. La prova suprema di questo amore è il dono che Dio ha fatto del suo Figlio: un amore gratuito e incondizionato. Dio ci ha amati per primo senza alcun merito da parte nostra, ci ha scelti così come siamo, con le nostre debolezze e i nostri peccati. Dio si aspetta da noi una risposta di amore.

Amare Dio significa: «rimanere in lui», restare alla sua presenza, ascoltare e attuare la sua parola. Amare Dio significa cercare ciò che piace a lui. Colui che ama veramente non ha altra preoccupazione se non quella di piacere all’amato, di soddisfare ogni suo desiderio, anzi di prevenirlo in ciò che desidera. Amare Dio significa riversare sugli altri questo amore: Da questo sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35). Dio ama tutti, quindi non possiamo dire di amare Dio se non amiamo coloro che egli ama, se ci rifiutiamo di far rifluire sui fratelli l’amore che Dio ha per noi.

d.G.

Si ricomincia….

C’è una parte del mondo che riprende a vivere: scuole aperte, bar con persone ai tavolini, lo scorrimento del passeggio, le visite a parenti e amici, il traffico del lavoro.
La primavera muove le gambe e apre i cuori.
I politici tornano a incontrarsi in presenza.
In altre parti del mondo, drammaticamente si muore. In India bruciano i cadaveri per le strade.
Qui sotto, tra le onde del Mediterraneo, la gente è lasciata morire.
Che mondo strano.
La colomba della speranza, lanciata fuori dall’arca come Noè, vola alta.
E qualche volta vola vicina a rincuorarci.
Il mese di Maggio apre discretamente le porte delle chiese alla sera, e raduna la gente nei campielli.
Una maratona di preghiera per far cessare la pandemia, poteva pensarla solo papa Francesco.
Ci convoca nelle chiese, presso i capitelli, in casa, in macchina. Da soli e insieme.
Il Rosario è facile per tutti. Ce n’è per sani e malati, vecchi e giovani, buoni e cattivi.
Perché tutti vivono di speranza.
Dedichiamo questo numero di Nuova Scintilla alle mamme.
A una in particolare, di nome Maria, Madre di Gesù.
A tutte le mamme.
C’è bisogno di maternità. Bisogno di figli. Bisogno di vita.
Buon mese di Maggio.

Don Angelo Busetto
Sostituto del Direttore di Nuova Scintilla

La catechesi

che svolgeremo in questo periodo con i ragazzi e i genitori presenti seguirà questo percorso:

“La fede e le sue immagini”
LO SPIRITO SANTO

Al sabato alle ore 14,30 in Chiesa


V° Domenica di Pasqua

V° Domenica di Pasqua

CHE COS’E’
IL CRISTIANESIMO

Che cos’è il cristianesimo? Cosa vuol dire vivere da cristiani? Gesù lo dice con una immagine semplice e luminosa, quella della vite. Il cristianesimo è stare attaccati a Lui come i tralci alla vite. Come rimanere ‘concretamente’ e non solo con l’intenzione e con il cuore? La grazia della sua amicizia diventa concreta nella Chiesa, come accade per Paolo che, avendo incontrato il Signore e proprio per questo, è andato a cercare gli altri discepoli. Così si porta frutto, come Paolo, come tanti missionari, come tanti cristiani. Così si realizza il comandamento della fede: credere nel Figlio di Dio; e il comandamento della carità: amarci gli uni gli altri.

Fioretto del mese di Maggio

Recita del Rosario

In Chiesa
ogni sera
alle 17,30

 

Al Capitello di
Sant’Antunin da Po
ogni sera
alle 20,30

Maratona di preghiera

lanciata da Papa Francesco

Trenta Santuari sparsi in tutto il mondo guidano la preghiera mariana,
trasmessa in diretta alle ore 18 ogni giorno, per invocare la fine della pandemia.

Per connettersi:
www.vaticannews.it

Io sono la vite, voi i tralci

Nel vangelo di oggi Gesù, utilizzando l’immagine della «vite e dei tralci», esorta a rimanere uniti a lui, perché solo così si porterà frutto. Il tralcio per dare uva più bella e gustosa è sottoposto a potatura, cosa che impedisce lo spreco della linfa vitale. Anche la vita cristiana ha queste esigenze, perché senza spirito di rinuncia, senza prova, essa non può che indebolirsi e languire: Ogni tralcio che in me non porta frutto, (il Padre) lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Questa promessa di un frutto più ricco deve aiutare ad accettare la volontà di Dio, anche quando a lui piacerà tagliare proprio nel vivo della nostra carne e del nostro cuore.

Io sono la vite, voi i tralci, con queste parole Gesù esplicita il rapporto vitale che lo lega a ciascuno di noi: se vogliamo portare frutto dobbiamo rimanere strettamente uniti a lui come i tralci alla vite. La fecondità della nostra vita cristiana dipende da questa unione con lui. Senza di me non potete far nulla, cioè nulla di ciò che dà veramente significato alla vita, perché solo Gesù è la vera sorgente della vita ed è inutile cercarla altrove. Il tralcio tagliato dalla vite si secca, a null’altro serve se non a essere gettato nel fuoco. Così è per il cristiano: non può vivere la sua fede e produrre frutto se non restando unito a Cristo. Così, vivendo per lui con lui e in lui, il discepolo è posto nella condizione di produrre quei frutti evangelici che si chiamano pazienza, perdono, misericordia, amore del prossimo. 

Il «rimanere» in Gesù si esprime nell’ascolto e nella messa in pratica delle sue parole che sono la linfa che passa dal tronco della vite ai tralci e fa nascere il frutto. Le sue parole sono vive e portatrici di vita. «Rimanere» in Gesù vuol dire lasciare agire dentro di sé le sue parole, perché queste hanno il potere di plasmare un modo di pensare e sentire la vita secondo il disegno di Dio. Se i discepoli si manterranno fedeli e uniti a Gesù ascoltando la sua parola porteranno frutti abbondanti e renderanno gloria al Padre.

d.G.

Sposi novelli… sotto San Giuseppe

Sabato 10 aprile, nonostante tutto, abbiamo scelto di sposarci. I giorni prima tante sono state le persone che ci sono state vicine con la preghiera. In particolare, un caro amico ci ha mostrato che custodiva il nostro invito sotto una statuetta di San Giuseppe dormiente affidando il nostro matrimonio e le nostre vite a lui. É stato per noi un gesto di grande tenerezza e amore. Abbiamo così scoperto che anche Papa Francesco ha l’abitudine di infilare sotto la statuetta del santo addormentato biglietti che contengono problemi, richieste di grazie, preghiere. É come se invitasse San Giuseppe a “dormirci su”, e magari mettere una buona parola davanti a Dio per risolvere situazioni difficili, ritrovando così il suo ruolo di padre misericordioso e proteso verso coloro che ama. Ora non ci resta che tornare al lavoro, a scuola – siamo entrambi insegnanti – con il cuore carico della gioia vissuta in questi giorni. La nostra vocazione di insegnanti la vogliamo vivere con tutto noi stessi puntando ad essere educatori. Desideriamo quindi affidare la nostra nuova famiglia a San Giuseppe che, in quanto sposo di Maria e padre di Gesù, ha il ruolo di custode delle famiglie.   

Mattia e Lucia

La catechesi

che svolgeremo in questo periodo con i ragazzi e i genitori presenti, seguirà questo percorso:

“La fede e le sue immagini”
LO SPIRITO SANTO

Al sabato alle ore 14,30 in Chiesa

“La colomba”
Segno di comunicazione


“L’olio”
Segno di ristoro


“L’acqua”
Segno di vita perenne


“Il fuoco”
Segno di carità